martedì 5 giugno 2012

SKYMERCATO 24: IL TRIONFO DEL CONDIZIONALE

Coprire un palinsesto di 24 ore senza calcio giocato è obiettivamente difficile, ma così si rischia un'overdose di nulla. Da tre settimane buone la redazione di Skysport24 dedica ampi spazi a rivelare i (presunti) segreti del calciomercato. Un tempo si iniziava a metà luglio (il mercato finisce il 31 agosto, tra tre mesi), ma da quest'anno lo spazio dedicato alle trattative è già ampio: almeno tre ore al giorno. Qual è il problema? Che ad oggi non si registra nemmeno un acquisto ufficiale che sia uno. E non potrebbe essere altrimenti: con la crisi economica e il caos-calcioscommesse la metà delle squadre di A e B non sa nemmeno in che categoria si ritroverà. Un po' presto per costruire una squadra intera. Un esempio? L'annuncio di Zeman a Roma che prosegue ininterrotto da dieci giorni: un refrain stanco, cantilenoso: “Oggi è il giorno di Zeman alla Roma”, “Oggi è il giorno di Zeman alla Roma”, “Oggi è il giorno di Zeman alla Roma”... E poi quel giorno non arriva mai, perché in realtà è arrivato, ufficialmente, solo ieri. Una montagna di parole, suggestioni, ipotesi più o meno logiche, tentativi (disperati) di aggrapparsi all'unica fonte rimasta: il buon senso. Si va avanti così, a Skysport24: riempiendo le ore con arzigogolate teorie fantacalcistiche basate sul nulla assoluto, sulle (poche) news che rimbalzano su blog e forum più o meno attendibili, sulle canoniche dichiarazioni inconsistenti e vuote di top-player in ritiro con le nazionali o sulle sparate di certi folcloristici procuratori. Quest'anno più che mai, l'invasione mediatica del calciomercato ha segnato il declino dell'informazione e del giornalismo sportivo. Non è giornalismo sportivo una chiacchiera da salotto, in cui si afferma tutto e il contrario di tutto, si dice e si smentisce, si montano e si smontano teoremi: 40 milioni per Thiago Silva, 50 milioni per Thiago Silva, Ibra al Psg, Ibra rimane, Thiago Silva potrebbe rimanere, VanPersieHiguainSuarezAsamoahVerratti alla Juve. O forse nessuno alla Juve, almeno per ora, perché la società si è presa il suo tempo, sta ragionando e “essere nella testa di Marotta è difficile”. Eppure, il trionfo del condizionale fa audience. O meglio, potrebbe farla...forse.

mercoledì 16 maggio 2012

Il saluto di Del Piero

C'è un video della redazione di Sky Sport che sta facendo il giro della rete e dei social network: è un montato dell'ultima giornata di Alessandro Del Piero in mezzo alla sua gente, a Torino. Cielo grigio, occhi che brillano, una mano che saluta e, in sottofondo, la melodia di Francesco De Gregori: "E il vero amore può nascondersi, confondersi, ma non può perdersi mai. Sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai". E dalla stessa parte i tifosi della Juve troveranno, sempre e per sempre, Alessandro Del Piero, il capitano di 703 battaglie.
Lo troveranno chino a raccogliere sciarpe bianconere che piovono dalla curva e dalle tribune come lacrime di stoffa. Tante lacrime e un sorriso, quello del Capitano, che non cede alla malinconia. Composto, come sempre. I suoi saluti con le mani rivolti agli spalti dello Juventus Stadium sono tante ideali pacche sulle spalle a chi piange inconsolabile. Sono davvero molti i tifosi ad arrendersi alla commozione, con il fragore degli applausi come unica colonna sonora di un perfetto melodramma. Il bianco e il nero che si fondono, impastati dalle lacrime, in un grigio struggente che richiama il cielo su Torino. Il momento è irripetibile. Unico e universale. Anche gli ultrà più accaniti, i più tatuati e con lo sguardo da duri, non riescono a smettere di piangere. “Un capitano, c'è solo un capitano”... Giovani e meno giovani, che però tornano bambini. Piangono per un gioco, sentono che qualcuno, un adulto più concreto e dislilluso di loro, gli sta sottraendo il giocattolo da sotto il naso, dopo che per 19 lunghi anni era stato il loro più fedele compagno di giochi. C'è un senso di impotenza in quelle sciarpe lanciate verso il prato. L'ultimo saluto a Del Piero, che si avvicina a passi regolari verso il suo pubblico, mentre la partita va avanti ma il mondo intero si ferma e si perde in un sorriso e un inchino. L'ultimo.

giovedì 9 febbraio 2012

IL SENSO DI DEL PIERO PER LA JUVE

C'è un'immagine della serata di ieri che rimarrà scolpita nella memoria di tutti i tifosi juventini, forse ancora più della splendida doppietta del rientrante Martin Caceres. Se la porteranno dietro a lungo e forse sarà il simbolo di questo nuovo corso, che somma la grinta e la ferocia agonistica di oggi con la classe e la juventinità di ieri. Stiamo parlando dell'abbraccio festante con cui Ale Del Piero corre incontro a mister Conte al momento del vantaggio bianconero, una decina di minuti dopo essere stato sostituito.


Non è un abbraccio di circostanza. È sentito, sincero. Del Piero non sta più nella pelle, sorride felice, salta come un grillo perché vincere a San Siro ha un sapore troppo speciale dopo le sofferenze e i patimenti delle ultime due stagioni. Così speciale da soffocare anche la delusione per una sostituzione forse immeritata, specie considerando il poco spazio concesso al capitano quest'anno.
Sarebbe facile fare i capricci se ti chiami Alessandro Del Piero, hai 37 anni, segnato la bellezza di 286 gol, sei amato, idolatrato e acclamato da ogni singolo tifoso di una squadra che vanta milioni di supporter sparsi in ogni parte del pianeta. Hai praticamente un esercito da scatenare, basterebbe un gesto, uno sbuffo, un “vaffa” e alle prime difficoltà la tifoseria si schiererebbe contro Antonio Conte e a favore del suo capitano. Eppure questi gesti non arrivano. Non sono mai arrivati, anche se quest'anno per Ale è tutto più difficile fin da quando, nemmeno troppo elegantemente, Andrea Agnelli ricordò all'assemblea degli azionisti come questa sarebbe stata l'ultima stagione del capitano.
E' davvero tanta la forza di Del Piero nell'universo-Juve, il suo peso specifico. Un impatto dirompente costruito a suon di affetto e di gol, ma anche di stile, rispetto, eleganza e poesia. Un legame viscerale che in 19 anni non si è mai interrotto, nemmeno quando dopo l'infortunio Ale faticava non poco a ritrovare la condizione e lo scatto dei tempi migliori. Mai un fischio, mai una contestazione. E non avrebbe potuto essere altrimenti. Un cavaliere non lascia mai la sua signora, recitava uno slogan dopo un tormentato rinnovo contrattuale anni fa, e allo stesso modo una signora non lascia mai il suo cavaliere.
Ecco perché ad oggi, 19 anni dopo, basterebbe una smorfia carpita dalle telecamere, una mezza frasetta polemica buttata lì in pasto ai cronisti e subito i media si scatenerebbero in sondaggi, tormentoni, dibattiti che probabilmente vedrebbero Ale vincente nell'agone mediatico. Eppure i capricci Del Piero non li fa. La delusione personale è ricacciata in gola da un urlo di gioia per il bene collettivo.
Con l'immagine di ieri possiamo finalmente riempire di significato la frase fatta pronunciata da tanti calciatori come un vuoto ritornello senza valore: “L'importante è la squadra”. Per Del Piero l'importante, il bene primario, è davvero la Juve, la sua signora. L'abbraccio con il suo ex compagno di battaglie Antonio Conte ha quindi una sua valenza simbolica, forse anche superiore ai gol. Quelli vanno e vengono, torneranno, ma l'immagine di ieri resterà a lungo.
Nella nuova Juve, ancora una volta, Del Piero c'è.