giovedì 9 febbraio 2012

IL SENSO DI DEL PIERO PER LA JUVE

C'è un'immagine della serata di ieri che rimarrà scolpita nella memoria di tutti i tifosi juventini, forse ancora più della splendida doppietta del rientrante Martin Caceres. Se la porteranno dietro a lungo e forse sarà il simbolo di questo nuovo corso, che somma la grinta e la ferocia agonistica di oggi con la classe e la juventinità di ieri. Stiamo parlando dell'abbraccio festante con cui Ale Del Piero corre incontro a mister Conte al momento del vantaggio bianconero, una decina di minuti dopo essere stato sostituito.


Non è un abbraccio di circostanza. È sentito, sincero. Del Piero non sta più nella pelle, sorride felice, salta come un grillo perché vincere a San Siro ha un sapore troppo speciale dopo le sofferenze e i patimenti delle ultime due stagioni. Così speciale da soffocare anche la delusione per una sostituzione forse immeritata, specie considerando il poco spazio concesso al capitano quest'anno.
Sarebbe facile fare i capricci se ti chiami Alessandro Del Piero, hai 37 anni, segnato la bellezza di 286 gol, sei amato, idolatrato e acclamato da ogni singolo tifoso di una squadra che vanta milioni di supporter sparsi in ogni parte del pianeta. Hai praticamente un esercito da scatenare, basterebbe un gesto, uno sbuffo, un “vaffa” e alle prime difficoltà la tifoseria si schiererebbe contro Antonio Conte e a favore del suo capitano. Eppure questi gesti non arrivano. Non sono mai arrivati, anche se quest'anno per Ale è tutto più difficile fin da quando, nemmeno troppo elegantemente, Andrea Agnelli ricordò all'assemblea degli azionisti come questa sarebbe stata l'ultima stagione del capitano.
E' davvero tanta la forza di Del Piero nell'universo-Juve, il suo peso specifico. Un impatto dirompente costruito a suon di affetto e di gol, ma anche di stile, rispetto, eleganza e poesia. Un legame viscerale che in 19 anni non si è mai interrotto, nemmeno quando dopo l'infortunio Ale faticava non poco a ritrovare la condizione e lo scatto dei tempi migliori. Mai un fischio, mai una contestazione. E non avrebbe potuto essere altrimenti. Un cavaliere non lascia mai la sua signora, recitava uno slogan dopo un tormentato rinnovo contrattuale anni fa, e allo stesso modo una signora non lascia mai il suo cavaliere.
Ecco perché ad oggi, 19 anni dopo, basterebbe una smorfia carpita dalle telecamere, una mezza frasetta polemica buttata lì in pasto ai cronisti e subito i media si scatenerebbero in sondaggi, tormentoni, dibattiti che probabilmente vedrebbero Ale vincente nell'agone mediatico. Eppure i capricci Del Piero non li fa. La delusione personale è ricacciata in gola da un urlo di gioia per il bene collettivo.
Con l'immagine di ieri possiamo finalmente riempire di significato la frase fatta pronunciata da tanti calciatori come un vuoto ritornello senza valore: “L'importante è la squadra”. Per Del Piero l'importante, il bene primario, è davvero la Juve, la sua signora. L'abbraccio con il suo ex compagno di battaglie Antonio Conte ha quindi una sua valenza simbolica, forse anche superiore ai gol. Quelli vanno e vengono, torneranno, ma l'immagine di ieri resterà a lungo.
Nella nuova Juve, ancora una volta, Del Piero c'è.