mercoledì 11 maggio 2011

Juve-Chievo: un'altra "finale" persa

Ci restano nove partite, dobbiamo affrontarle come se fossero nove finali e vincerle”. Il refrain calcistico più inflazionato del 2011 (più finali per tutti) non ha mai portato particolarmente bene alla Juve, visto che le finali sono diventate prima otto, poi sei, cinque e così via, ma senza nessuna Coppa sollevata: solo scampoli di speranza e, in definitiva, un pugno di mosche in mano.
In barba alla scaramanzia (dopo una stagione del genere appigliarsi al soprannaturale fa sorridere) il ritornello ha comunque continuato a circolare in sala stampa, anche se le vittorie non arrivavano e le finali diminuivano inesorabilmente, come la possibilità di arrivare a giocarsi la Champions.
Perfino l’altra sera, al termine dell’incubo grottesco colorato a tinte gialloblu, Gigi Delneri ha avuto la forza di sentenziare come un automa che “mancano due partite, dobbiamo fare sei punti”. Ma ci avrà creduto davvero? Sei punti per auto-condannarsi nuovamente a un preliminare di Europa League? Lo sguardo algido, battagliero e sicuro di sé non nascondeva in realtà il profondo sconcerto di un uomo che da tempo ha capito di aver sciupato la grande occasione della sua carriera, un treno che forse a 60 anni non ripasserà mai?
La gara col Chievo è sembrata per lunghi tratti del primo tempo una sgangherata esibizione tra scapoli e ammogliati, con i veronesi inizialmente timorosi oltre misura e i bianconeri quanto mai imprecisi e disordinati. Nella ripresa alla pochezza tecnica e tattica si sono aggiunte però le emozioni, in un cocktail di rara imprevedibilità. Abbiamo assistito a capovolgimenti di fronte, Buffon saltato da Pellissier a metà campo, il comico errore di Uribe (chi era costui?) e la sintesi perfetta della stagione bianconera: follia pura, limiti tecnici, crolli di personalità, ansia da prestazione (?), disordini tattici, enigmi irrisolvibili (a un certo punto Matri piazzato esterno di centrocampo, per dirne una).
Una centrifuga di caos e paura che ha ingoiato la pazienza dei tifosi e fatto irrimediabilmente saltare il banco. Dal lavaggio sono usciti dei panni stinti e scoloriti, ma il rischio è che ancora una volta si cambi l’ammorbidente mantenendo la lavatrice rotta. L’anno prossimo per raggiungere la Champions occorrerà il terzo posto, dunque l’unica strada percorribile impone una massiccia immissione di liquidi nelle casse amministrate da Beppe Marotta.
Al termine del lavaggio 2010-2011 resta il monumento Del Piero. Lui non si può cancellare. Nemmeno quest’anno. Ogni sua partita è una in meno da conteggiare nel triste count-down che ci separa dal suo addio al calcio (solo italiano?). Col pareggio di lunedì ha rivolto il suo personalissimo saluto alla Coppa dalle grandi orecchie e alla sua musichetta, un palcoscenico che non calcherà più, ma che avrebbe meritato ancora una volta. L’ultima.

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