martedì 31 maggio 2011

Sepp, il Re dell'Isola che non c'è

Diciamocelo, Sepp Blatter non ha mai avuto un faccino da bravo ragazzo. Sarà per quel suo sguardo un tantino manovratore e per quel ghigno impostato, sarà perché circola negli ambienti Fifa da 34 (!) anni, o forse solo perché all’uomo di potere vengono da sempre volentieri affibbiate leggende e dicerie, probabilmente per invidia, antipatia o magari perché in oltre un trentennio di contrattazioni nelle stanze dei bottoni qualche errore deve pur essere stato commesso.


Joseph Blatter, 75 anni ed ex ufficiale dell’esercito, incarna alla perfezione il corpo del potere: è invecchiato sul trono dello sport più seguito e ricco del mondo con lo scettro nelle mani e un carico di adepti pronti a immolarsi in suo nome, anche perché la Fifa, si sa, gestisce fondi non indifferenti. Eppure su di lui mai nessuna diceria o impressione sospettosa si era ancora trasformata in verità o semplicemente in inchiesta. Un uomo potente, d’accordo, sempre con le mani in pasta, da 13 anni (e tre mandati consecutivi) presidente della Fifa senza che nessuno abbia osato fronteggiare la sua autorità, ma comunque alla prova dei fatti esterno a qualsiasi scandalo.

Da qualche giorno, tuttavia, l’immacolato regno di Sepp sembrava aver subito le prime storiche crepe. Sembrava appunto...

Facciamo un po’ d’ordine: alla vigilia del congresso fissato per mercoledì a Zurigo e chiamato a eleggere il presidente Fifa per il quadriennio 2011-2015, si leva il grido di Mohammed Bin Hammam, qatariota, unico candidato pronto a sfidare l’uscente Blatter alle elezioni per la presidenza Fifa e finito sotto inchiesta per ''possibili violazioni'' del codice etico ed ''accuse di frode'' inerenti all’assegnazione dei Mondiali del 2018 e del 2022 rispettivamente a Russia e Qatar. Tutto era partito dalle rivelazioni di ottobre dei media inglesi, secondo cui con l’aiuto di Jack Warner (vice-presidente Fifa) Bin Hammam avrebbe corrotto a suon di tangenti alcune federazioni di calcio nazionali in cambio di voti. Contro Bin Hammam si era schierato anche Chuck Blazer, statunitense, potente segretario della Concacaf (Nordamerica). In particolare, il Telegraph aveva poi rilanciato i rumors di una tangente da 40mila dollari per 25 dirigenti della confederazione caraibica. La reazione di Bin Hammam non si è fatta attendere: immediato ritiro della sua candidatura per la poltrona di presidente Fifa. “Mi rattrista che la lotta per le cause in cui credo debba avere un tale costo: rovinare la reputazione della Fifa. Blatter correrà ancora una volta contro se stesso. Questo non è quello che volevo per la Fifa: è inaccettabile. Non posso sopportare che il nome al quale sono così tanto attaccato sia trascinato sempre più nel fango a causa della concorrenza tra due persone. Annuncio il mio ritiro dalla elezione alla presidenza”, sono state le sue parole. Il comitato etico della Fifa è dunque in allerta: la vicenda è spinosa, ma Blatter e il suo trono sembrano ancora una volta al riparo dalla bufera.


Fino a sabato, quando entra in gioco il secondo personaggio chiave dell’inchiesta: Jack Warner. Le sue affermazioni sono esplicite, pesantissime e gettano un’ombra quanto mai cupa su mister Fifa, che a dire di Warner avrebbe regalato un milione di dollari alla stessa Concacaf da lui presieduta e sarebbe stato fin dall’inizio a conoscenza dei passaggi di denaro incriminati: “La Federazione sarà investita da uno tsunami di rivelazioni, la candidatura di Blatter deve essere interrotta”, ha tuonato Warner. Ma il polverone finisce per ritorcersi contro di lui, come in un perfetto ed agghiacciante regolamento dei conti: a Zurigo viene sì aperto il procedimento anche contro Blatter, ma al termine delle audizioni il Presidentissimo risulta «prosciolto», mentre Hammam e Warner sospesi in via cautelare per tutto il tempo dell'inchiesta. Via libera a Sepp dunque, che ancora una volta correrà in solitaria verso il quarto mandato.

Qual è la meravigliosa riflessione? Le federazioni sportive internazionali (una per ogni disciplina sportiva, la FIFA per il calcio) non sono formalmente dotate di personalità giuridica di diritto internazionale, cioè non possono essere destinatarie di norme internazionali (pattuite da Stati) che ne disciplinino i regolamenti e le condotte interne. In pratica si regolano e si giudicano da sé. Possono unicamente essere, nel caso non si conformino ai trattati siglati tra Stati, sanzionate con l’esclusione dai giochi Olimpici. Ma il peso economico di alcune Federazioni è così grande da rendere queste minacce semplicemente risibili: chi mai rinuncerebbe a determinate discipline (e alle carovane di sponsor al seguito) in un’Olimpiade?

Il risultato? Una terra di nessuno, con processi farsa da cui emerge la migliore raffigurazione possibile dell’inquinamento tra poteri e dei conflitti d’interessi più biechi. La Fifa rimane un’oasi dorata rivestita di quattrini, dove vige la legge del denaro e in cui per di più manca qualunque possibile ingerenza da parte di soggetti esterni (Stati, Tribunali internazionali e quant’altro): come detto, a giudicare i membri Fifa è il Comitato etico Fifa. Il non plus ultra della terzietà.

1 commento: