lunedì 9 maggio 2011

Lo Scudetto triste

Se la foto simbolo del diciottesimo scudetto rossonero immortala su tutti i giornali e i siti internet l’abbraccio di lady Barbara Berlusconi al Papero Pato, inevitabilmente si aprono alcuni interrogativi sul valore tecnico dell’impresa rossonera. Davvero la componente sportiva merita di essere oscurata dal lato gossipparo della medaglia? La bionda chioma di Barbara buca lo schermo più di una magia di Ibrahimovic? 
Campionato mediocre, senza dubbio, con i terribili campi di gioco spelacchiati e ingialliti a simboleggiare la necessità di un rinnovamento tecnico e strutturale, di immissione di forze fresche dal basso fino ai piani alti, laddove troneggiano come cariatidi i dirigenti di una carovana ormai imbolsita, seduti su spalti grigi e cadenti.  
E’ il primo scudetto vero dall’estate di Calciopoli” ha commentato Fabio Capello da Londra, ma senza eccessivo british-style. Sarà, ma (polemiche e orgogli di bottega a parte) quel che è certo è che il tricolore conquistato da Max Allegri interrompe la quinquennale abbuffata nerazzurra, riequilibrando il computo dei trionfi nazionali nella città di Milano (18 pari). 
C’è in effetti qualcosa di fiacco nella nostra serie A, di stanco e forzato. Ci eravamo goduti il Galliani di giallo incravattato saltellare con maggior convinzione in altre occasioni. Eppure l’astinenza da titulo nazionale (8 anni dall’ultimo scudetto, un’eternità sportiva) avrebbe autorizzato qualche piroetta in più. Vero che il trionfo, oltre che giusto e meritato, era ormai annunciato da tempo, ma la mancanza dell’effetto sorpresa non basta a spiegare gli entusiasmi compassati e i discorsi già inesorabilmente orientati sul futuro (Ibra che promette un super-Milan in Champions l’anno prossimo). 
Proviamo per un attimo a indossare i panni dell’ottimismo e ad analizzare la vittoria del Milan in modo classico, fingendo che la serie A sia ancora il miglior campionato del mondo: tra i protagonisti del successo menzioniamo Abbiati, la classe immortale di Nesta, l’esplosione di Thiago Silva, il miglior difensore del mondo a detta di molti (concordiamo), la splendida resurrezione di Seedorf e Gattuso, le reti pesantissime di Pato, le piroette di Robinho. 
Ma l’uomo che ha saputo plasmare attorno a sé il successo, capace di far crollare a suon di spallate e di acrobazie per palati fini gli equilibri del campionato è senza dubbio Zlatan Ibrahimovic. Un uomo solo al comando. Almeno per 2/3 di stagione Ibra ha dettato legge alla serie A intera, distillando gocce di mentalità vincente nell’ambiente rossonero e caricandosi sulle spalle le nevrosi di una squadra insicura e da troppo incapace di mantenere il controllo per un campionato intero. 
Massimiliano Allegri ha poi diretto alla grande l‘orchestra, con calma, fermezza, ma senza alzare la voce. 
Concludiamo con i complimenti (stanchi, ma sinceri) al Milan tricolore. 

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